Se stesso o sé stesso (la fatica di)

La fatica di essere se stessi è faticosa.
E’ molto strano come possa essere faticosa una cosa che è un dato di fatto.
Tu sei tu.
Che fatica dovrebbe generare questa certezza?
E invece.
A volte ci affatica che siamo noi, così come siamo, difettosi.
A volte ci affatica ciò che potremmo essere, anche e soprattutto quando non sappiamo esattamente cosa.
A volte ci affatica ciò che vorremmo essere.
A volte ci affatica definire ciò che siamo e a volte ci affatica ciò che ci sfugge di noi.
A volte tutte queste cose insieme.
Ci affatica questo potente e continuo senso di cambiamento che ci aleggia addosso.
Siamo sempre noi, ma cambiamo.
E la scelta. La sempiterna possibilità di scelta.
Non sono concetti semplici.
E ci sono certe domeniche che uno non ha voglia di concetti complessi, vorrebbe magari ciabattare in pigiama e basta, ma niente, non puoi levarti di dosso il fatto che tu stesso, anche in ciabatte, sei un agglomerato di concetti complessi. Identità, storia, scelta, volontà, società, storia e, diciamolo pure, anche morte, la stronzissima.
Non puoi levarti te stesso dai piedi, non del tutto, oppure sì, magari se ti infili in quelle questioni di filosofie orientali e affini, perdita del sé, oppure droghe violente ecc ecc.
Ma io non ho il talento per queste cose.
E tutto sommato mi va bene così, l’andamento ondivago bestemmiante gaudente di te che a momenti balli e altri che inciampi in te stesso magari pure in pigiama.
E per concludere questo post sconclusionato voglio dire questo: se stesso o sé stesso son scritture corrette entrambe. Lo dice anche l’Accademia della Crusca.
Ma fra queste due possibilità rimango sempre un po’ così, sospesa, dubbiosa, affaticata. Come lo scrivo?
Meravigliosa e maledetta possibilità di scelta.
Ti odio e ti amo. (In ciabatte).


micronarrazioni

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