L’invidia, questa rimuovuta

Chiacchierando con un’amica, un giorno, a proposito di molte cose e poi dell’invidia, lei mi ha detto una cosa che mi ha fatta pensare: L’invidia è uno dei sentimenti più rimossi del nostro tempo.

Penso sia molto vero.
Accusiamo con frequenza e con facilità gli altri di essere rosiconi invidiosi, spendiamo molta energia a ripulire le nostre affermazioni da tracce di invidia. Abbiamo paura di essere e di apparire invidiosi, abbiamo paura di provare questo sentimento, ce ne vergogniamo con noi stessi e con gli altri. Non bisogna essere invidiosi. Non si fa. Non si deve.
D’altra parte, è vero, parlare, dare giudizi e agire per invidia è cosa brutta e spiacevole. Assisto quotidianamente ad esternazioni chiaramente frutto di un’invidia più che altro inconsapevole e ogni volta mi dico, ma che pochezza, ma che tristezza. Vedere persone dominate dalla propria invidia è brutto. Lo stigma sociale che mette al bando l’invidia ha le sue solide ragioni. L’invidia è un disgregatore, un agente distruttore, può fare molto male.
Eppure so anche che ciò che nella nostra psiche viene messo nell’angolino e rimosso fa dei danni enormi.
Quindi?
Come se ne esce?
Io devo ringraziare tantissimo chi me l’ha fatta provare in dosi massicce, in alcuni momenti, uno in particolare, nell’ambito del mio lavoro. Mi sono sentita sminuita dai successi altrui, non abbastanza riconosciuta, meno apprezzata e, per questo, ho sentito nei loro confronti una sorta di risentito livore.
Ho invidiato e mi sono dedicata alla negazione maldestra di questo meccanismo che mai e poi mai avrei esplicitato. Ho invidiato soffrendone e, avendo a che fare con la bruttezza di questo sentire, ho imparato qualcosa.
Ho imparato che sì, posso essere invidiosa e che questo non fa di me una persona orrenda.
E ho imparato che no, non serve a nulla reprimere, nascondersi l’invidia.
Personalmente mi è servito viverla e dichiararla, anche. A persone che mi amano e che possono tollerare che io dica Provo invidia per Tizio o Caio. Tirarla fuori me l’ha fatta sentire un po’ meno onnipotente. Io ti dico, invidia, ti ho beccata, tana. L’ho illuminata e poi l’ho guardata per bene. Era fatta di molte cose: insicurezza, voglia di primeggiare, di essere riconosciuta, il peso dato allo sguardo degli altri, l’impotenza di fronte a ciò che non potevo, la narrazione del successo che questo mondo fa, il senso che do al mio fare – che talvolta si mangia l’esistere. Mi sono dedicata a curare i nervi scoperti, poverini. Davvero valevo così poco se all’invidiato/a veniva riconosciuto valore? Il suo valore metteva in discussione il mio? A chi affidavo il riconoscimento del mio valere? Mi sono domandata se c’erano cose per cui essere fiera di me, per le quali mi stimo (tutti ne hanno). Mi sono detta che fra sentirsi una nullità e essere “invidiati” c’è una cosa di mezzo. E a quella mi sono dedicata. A migliorare ciò che ritenevo migliorabile di me e del mio lavoro. Ma anche a essere come sono. Ad un bel bagno di umiltà. E poi a pazientare. Ad aspettare che l’invidia passasse. Tutto passa, anche il cadavere dell’invidia nel nostro fiume interiore… E infine, ho fatto delle cose per andare contro l’invidia che provavo. Sono andata verso l’altro, nella direzione opposta a quella suggerita dall’invidia. L’ho fatto apposta, ho fatto dei tentativi quando me la sentivo e per come me la sentivo. E sapete che c’è?
Ho capito che non voglio essere una persona che non prova invidia, ma una persona che con l’invidia ci riesce ad avere a che fare.
Ringrazio molto chi mi ha fatto provare queste emozioni in maniera massiccia, davvero, perché rispetto a questo sentimento, ora mi conosco meglio.
Quindi, sì, rosicai (e rosico), lo ammetto, ma mi è servito.
Questa la mia esperienza.
Questo il mio rapporto con l’invidia.
Ogni tanto la provo. E’ qui, carognetta, bruttina, vicino a me. Ha un vestitino verde, le ho messo un nastro a pois color bile, intonato. Quando rompe le balle perché dice che nessuno la invita a ballare, le metto su la musica del demonio e ci facciamo due salti, io e lei.
E voi?


micronarrazioni

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.