Sono tornata a casa
ho disfatto la valigia
e non è successo niente di terribile:
solo non sapevo più
dove sistemare
la parola futuro.
Dice la mia amica
al telefono
dice
io non ho di questi problemi
basta non pensarci
io la lascio lì
si sistema da sola
dove vuole lei
non è una di quelle cose
che puoi tenere a posto
dice.
Ma non hai paura
di perderla?
Dico.
L’amica dice che la devo smettere
che non si può controllare tutto.
Va bene, amica,
hai ragione tu,
che vada come deve andare,
guarda:
la libero,
la piazzo davanti alla porta,
fuori dalla porta,
come l’immondizia che puzza.
Che se ne vada, se proprio vuole.
Mi dura trenta secondi netti,
questo rigurgito
di libertarietà,
giusto il tempo di riprenderla
e riportarmela dentro,
– che tanto l’amica, dal telefono, non vede –
la mia parola futuro.
Mia: non voglio che me la rubino.
Che si tengano le loro, di parole:
loro, là fuori,
che sicuramente non tengono tutto sotto controllo
e non solo sanno dove tenere le
loro parole
ma nemmeno se ne curano,
ne hanno dieci,
loro,
di parole futuro,
non una sola
che è poca una sola:
metti che la consumi,
e poi? Che fai?
Io la metto nel frigorifero! Penso,
che si conservi il più a lungo possibile,
anzi, nel freezer, così la scongelo quando mi serve.
Poi mi sento una pazza criminale,
vedo i titoli sui giornali:
“trovata nel congelatore della Signora
dei calzini
la parola futuro”.
“Fatta a pezzi”, c’è scritto:
vedi, come i giornalisti mistificano
la realtà,
non l’ho fatta a pezzi io!
Ma non la posso,
non la posso congelare:
è viva.
La metterò nella dispensa
come scorta.
Ma fra il sugo e la pasta del discount
non so, mi pare sprecata…
Ma dove si mette
la parola futuro?
La si appiccica alle magliette, come logo?
Si deposita in banca?
Si regala, forse?
Si lascia nel letto, tipo orsacchiotto?
Fra i calzini, penso,
no, poi mi dico, fra i calzini si perde. No.
La ambiento fra le piante?
Le do un tono etno-chic fra i cuscini del divano?
La travesto e la porto in giro, come E.T.I.?
La metto fra le riviste in bagno,
sull’attaccapanni,
le do un’aria da giacca
“buttata lì”?
Dove, dove si mette
la parola futuro?
La sotterro?
La stendo sul balcone?
La sbatto in prima pagina, in televisione?
La faccio scendere in campo?
La prostituisco per avere successo?
Le faccio fare volontariato?
Preferirà stare a Roma o a Torino?
Mi trasferisco con lei in un piccolo paese
in una casa con la staccionata, l’orto e il cane?
La affido a mia madre, a mio padre, come il cane?
La porto alle feste, ad un party chic?
Le faccio fare la vita bohémien?
Le faccio sposare un ingegnere o un artista?
Dove come dove
si mette
la parola futuro?
La mia amica
lei lo saprebbe
ma io
che voglio sempre controllare tutto
mannaggia a me
io, che non so dove caspita
si metta una parola futuro
io che perdo l’orientamento
oltre che i calzini
io
oggi
penso
che se potessi vederla dentro ai tuoi occhi
sarebbe bello
vederla lì nei tuoi occhi
sarebbe così bello
lasciarla nei tuoi occhi
guardarla un’ultima volta
ogni sera
prima di dormire
e finalmente
riposare.
grazit!
contemporanea, estemporanea e fulminea
poesia dell’oggi
verso il
futuro
loveit
Grazie Eleonora!
ciao, e’ stato molto bello lo spettacolo al Gilgamesh ieri sera. Complimenti ancora
stupenda poesia, Signora…bella, in quel suo stile urgente sul quale l’hai plasmata…il genius loci torinese giova sempre magnificamente alla tua penna : – )
bella
pericolosa
ma bella