medici indicano con il dito,
che conoscono meglio di me,
sebbene io le contenga tutte.
Attraversiamo costellazioni di tessuti e sangue,
avvistiamo buchi neri, cavità, ovaie
loro nominano corpuscoli a me invisibili
macchie, che suggeriscono
speriamo che questo si sviluppi in là
In quello spazio così remoto
appari tu, corpo pulsante
una stella bianca, un chiarore
con forma terrestre, di fagiolo.
Che nome ti avrebbero dato,
per questa tua apparenza, vegetale?
Qui, dai laboratori terrestri,
ti osserveremo ancora, per mesi
entreremo nella tua orbita,
scriveranno in tabelle le tue dimensioni.
Ci saranno schermi e tecnici,
scienziati che mi parleranno di te,
con il loro gergo spaziale.
Fuori c’è luce, il cielo dopo la pioggia,
che pronuncia il tuo nome.
In questo spazio interno,
che continua a pulsare in me e in te
mentre nessuno lo sta a guardare,
io mi raccolgo a immaginare le stelle
mentre tu compi il tuo viaggio di avvicinamento,
terrestre mistero, corpo viscerale.