La funzione terapeutica della poesia

 
Io adesso prendo tutta questa giornata
E la butto qui
 
sulla pagina
 
Poi mi sposto
 
Abbastanza da prendere la mia vita intera
e anche il mondo, per come l’ho incrociato
 
guarda
 
Metto tutto qui
Dove lo vedi
 
E non mi curo dell’effetto che fa
 
Mi preoccupo solo
Che suoni così com’è
 
Non ci metto punto
Nessun punto
 
Poi mi sposto
 
Viene qualcuno che dice come dovrebbe essere
Qualcun altro che significato ha
Qualcuno ci inciampa e la prende a calci
Molti non la vedono o la trovano insignificante
Qualcuno ne prende un pezzo per sé
Il mio innamorato e i miei genitori la scrutano per capire se sto bene
e se parlo di loro
Qualcuno scrolla la testa e pensa che proprio, la poesia
Io sono quella spostata
 
 
 

T E T T E:

Signore e signori arriva
T E T T E:
libro d’artista in poche copie numerate.
 

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Cose che mia nonna non leggerà

Ti scrivo da un giorno di cose qualunque
 
lungo mani che stanno prendendo
impercettibili curvature
 
sono cose del tempo
che vanno al nodo ossuto delle tue,
sull’indice che si piegava
per far passare l’ago nel tessuto,
il rumore di macchina da scrivere
che risale dalla mia tastiera
 
C’è un bambino che gioca seduto
accanto al tavolo, per un momento assorto,
fra pochissimo verrà qui
per toccarmi e avere il mio sguardo
 
a volte spia pezzi del mio corpo, lo vedo
come facevo con quella cosa tutta conosciuta
tutta misteriosa, che eri tu
 
tuffare le mie mani nel tuo seno,
le dita impigliate nella catena d’oro
la medaglietta, sottile, dura
sulla pelle morbida, grande
 
so cosa mi cerca addosso,
con la mano che fruga:
l’abbandono a un corpo
ha un tatto e un odore
e un segreto
 
borotalco e sudore,
la grana delle rughe, il tuo
 
Ti scrivo che non ci sei più
e non hai mai visto come sto
dentro questa parola, mamma,
in questa voce nuova che mi dice
come mi sa
 
sono stata tante cose che non saprete
 
tutti quegli anni che separano
la tua vita dalla sua
 
Ma l’infanzia è uno sguardo
che riaffiora da dentro
e si porta tutti, come un presente
mai esaurito
 
rende increduli a se stessi
alle mie mani mentre scrivo
 
al nodo dell’indice, dove guizzano le tue
e un tempo da venire
che si fa strada nelle ossa, sempre
 
Lui non lo saprà che fra molto,
ma io ho spiato il tuo corpo
e so mettere nel mio tempo il tuo
 
verrà anche per me
e non sarò che qualcos’altro
prima di non essere più.
 
Ti scrivo da un giorno di cose qualunque
 
sto nel mezzo,
sono qualcuno con queste mani
prima di non essere più.

Tonfi

 
Mentre lui aspetta che l’acqua 
scorra e diventi fresca per riempire
il mio bicchiere, la casa 
produce un tonfo, uno spostamento
in qualche luogo non visibile
 
Mi sorride con l’attenzione
altrove, il pensiero a quel
luogo non visibile
o persone

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Venerdì

Mi pare imprigionato, questo corpo di adulta
in un garbuglio mefitico del fare,
dare e avere come bilancia dell’essere
più difficile liberare l’occhio
sporcarsi sotto le unghie
con i resti di qualcosa che
scintilla, frantumaglia, a sorpresa
 
la lingua incespica nel già detto
sa di posta elettronica masticata
la poesia salvifica ha rotto i coglioni
e molto altro, ma poi, dai. La guerra
 
ho disposto le app per colore, un bel
lavoretto, mentre cerco lo spazio
per un atto di insubordinazione interiore
che non so immaginare o forse compiere
 
buttare qualcosa
cui mi pare di tenere ancora
mettersi con la guancia
sul muro caldo, sfregarsi un po’ via
bere acqua da un bicchiere che
non lavo da due giorni
 
cercare una sbeccatura
lungo i bordi delle ore,
una faglia nella giornata,
indecorosa
 
ripararmi nel tuo cavo, da dentro
dove ci assomigliamo di più
e siamo corpi che si tengono,
perdendosi

Questa notte sono venuti i lupi,
usciti, credo, dalle fiabe che ti racconto,
dal luogo che siamo.
Stavano, ululando, ai piedi del letto grande.

I versi degli animali erano
irresistibili per le mie parole.
Ingenue, hanno lasciato i pensieri
e hanno vestito i suoni.

Aleggiava nella stanza una litania
spaventosa: questo non è che niente,
dicevano le mie stesse parole
e mi si stringevano addosso nel buio,
senza intenzione. Erano solo
ciò che è.

Sentivo i confini di quella piccola
cosa, piantata nella coscienza,
senza mantella rossa,
senza parole.
Quel poco che siamo
mentre i lupi stanno a guardare.

Volevo soltanto toccare
tutti i corpi che amo, sentirli respirare.
E poi sperare che saprai
stare di fronte ai lupi
se mai tu li dovessi incontrare.

 

 

(Nell’immagine Head On di Cai Guo Qian)  

Parli

Questa è una delle poesie che ho scritto dopo la nascita di mio figlio Olmo. Sono poesie che custodisco con un riserbo un po’ speciale, ma ha anche un senso che stiano nel mondo. Ciao, poesie, andate. Adesso ne pubblico qualcunina qui. 

 

Parli

 

E adesso
abbiamo le parole.
 
Me le porti sulle gambe incerte
te le restituisco per benino
ti dico la parola per il mondo
la ripeto giusta, te la sistemo per il futuro
ma è la tua, storta, quella che dice
 
Ora sei arrivato qui
ti aspettavo da tempo
tu sei stato per me come: sospeso nel suono
 
E ora che ci sei
sento che frana, la mia
 
la parola cede al piccolo
e al grandissimo, qui
 
è più del silenzio
 
è dove sono stata
 
è il posto della poesia
 
è dove sei tu, ora
 
e fai le parole nuove

Recentemente c’è stato un fatto di cronaca che mi ha colpita molto. Ho scritto questa poesia pensando a quel fatto, per un progetto del quale presto vi parlerò, dedicato agli ex voto. Intanto lascio qui questa poesia/riflessione.

 

Per grazia non ricevuta

Luglio 2021

Il titolo
Donna anziana violentata per vendetta

Il fatto
La donna (ha 91 anni)
lui (neppure venti)
per vendetta

La divinità non interviene
la cosa succede davvero

E così va guardata,
priva di grazia e cornice

il centro è il corpo della donna

lei è ogni altra

 

Ti apro un conto corrente

Te lo voglio aprire oggi
come se fosse l’unica cosa da fare,
ti apro qualcosa che corre, pare,
verso il futuro, cerco
di essere quel tipo di genitore,
faccio questo genere di gesto
solido, previdente…
 
Senti, io oggi ti apro un conto corrente,
faccio un’azione duratura, rassicurante
mi tuffo nella burocrazia
ne riemergo con questa cosa, tua,
nominativa,
che poi ci peschi come ti pare
quando sarai in quel tempo laggiù
mobile, guizzante…
 
Adesso ti apro un conto corrente,
faccio una cosa arginante
la faccio oggi che ho paura
per quanto preme, ingrossa ed è
bellezza pura
questa vita tua che scorre
impetuosa, grande.

Un libro nuovo!

Ho quarant’anni

Si misurano quarant’anni di madre:
troppi
bene così
sarai stanca
ognuno ha i suoi tempi
il corpo non
avresti dovuto.

Che hai fatto in tutto questo tempo?

Ho raccolto i minuti
ho amato le ore
ho esplorato i secondi
ho riempito il baule
ho scelto le parole
ho atteso l’ora giusta, la nostra
quando è venuto il tempo di dirti:
vieni, figlio, iniziamo a giocare.

Forse vi siete accorti che…

Forse vi sarete accorti che questo blog langue un po’. La vera verità è che è un blog in maternità: il 2 gennaio è nato Olmo, che è attualmente un concentrato di vita di poco più di tre chili, un dado di persona, in divenire. Rileggo in questi giorni, mentre lo guardo e lo conosco, versi che ho scritto durante la gravidanza. Eccone qui qualcuno, una poesia che racconta di quando lo spiavamo di nascosto.

 

Ecografia

Nello schermo si agita
una galassia misteriosa
medici indicano con il dito,
illustrano nomi e masse
che conoscono meglio di me,
sebbene io le contenga tutte.
 
Attraversiamo costellazioni di tessuti e sangue,
avvistiamo buchi neri, cavità, ovaie
sondiamo tutto lo spazio
loro nominano corpuscoli a me invisibili
macchie, che suggeriscono
presenze e significati
questo non darà fastidio
questo si è ingrandito
speriamo che questo si sviluppi in là
e non disturbi il feto.
 
In quello spazio così remoto
appari tu, corpo pulsante
una stella bianca, un chiarore
con forma terrestre, di fagiolo.
Che nome ti avrebbero dato,
gli antichi astronomi,
per questa tua apparenza, vegetale?
 
Qui, dai laboratori terrestri,
ti osserveremo ancora, per mesi
entreremo nella tua orbita,
ti misureremo,
scriveranno in tabelle le tue dimensioni.
Ci saranno schermi e tecnici,
sonde e attrezzature,
scienziati che mi parleranno di te,
con il loro gergo spaziale.
 
Fuori c’è luce, il cielo dopo la pioggia,
cose che conosco
e la voce di tuo padre
che pronuncia il tuo nome.
 
In questo spazio interno,
che continua a pulsare in me e in te
mentre nessuno lo sta a guardare,
io mi raccolgo a immaginare le stelle
mentre tu compi il tuo viaggio di avvicinamento,
terrestre mistero, corpo viscerale.
 

Novità in libreria…

Da oggi, in libreria “Io, Alice e il buio buio“, una creatura di luci, ombre, parole, figure e curiosità, un po’ mio, un po’ di Anna Castagnoli, un po’ di Emme edizioni e spero di molti e molte.

Per accompagnarlo in questo suo affaccio nel mondo, una poesia sul buio, che non è nel libro, ma nel percorso di parole, ricerche, immaginazioni ed esondazioni che sempre accompagnano la nascita di una storia.

Auguri libro, vai nel mondo pieno di curiosità!

La poesia del buio

Ho visto un buio che non sta mai solo:
è la mia ombra,
siamo sempre insieme,
la luce la sposta e la colora.

Ho visto un buio buissimo,
era dentro di me:
un buio triste
senza di te.

Ho visto un buio
che non mi ricordo niente!
Forse l’ho sognato…
stavo dormendo (beatamente).

Ho visto un buio con la coda,
un buio che correva,
un buio con gli occhi gialli,
un gatto che si chiama Eva.

Ho visto un buio tutto di mare,
faceva sciaf sciaf,
non stava mai fermo:
un buio che ti ci puoi bagnare.

Esiste un buio di cioccolata,
se lo apri non c’è più,
ma trovi un’altra cosa:
dentro l’uovo di Pasqua: la sorpresa.

Ho visto un buio fiore,
di petali nuovi, vicini vicini,
prima che la corolla si schiuda,
quando i fiori sono bambini.

Un buio arancia me lo so immaginare,
ma se lo sbucci cambia:
diventa arancione, a spicchi
e lo puoi mangiare!

C’è un piccolo buio in ogni cosa
buio che protegge e che riposa
ci son bui chiusi e bui aperti
buio che aspetta di esser scoperto.

Poesia dei nudi

Se nuda ti deludo
Se spoglio mi spaventi

Il corpo senza orpelli
dice la verità:

Come siamo nudi sotto la pelle
Come siamo veri nella paura
Come pauroso è toccarsi
Come solo toccandosi dirsi
qualcosa di altro, di più.

La mano morta

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Nodi spettinati

Quando i nodi vengono al pettine
quando i pettini vengono al nodo
non c’è santo che tenga
non c’è tenuta di santo
devi trovare il modo
devi sciogliere il nodo

Discomfort zone

 
Esiste un angolo della disperazione
è alla fine di una strada in discesa
rotolano lì il tutto inutile
i non c’è niente da fare
 

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Fare amicizia

 

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Poenuove

Da qualche tempo, a partire dal progetto Inpoetica, sto vivendo alcune esperienze che mi portano ad ascoltare le storie degli altri e a riscriverne dei pezzetti in versi. Questo un testo che ho scritto per il Campus Omodeo, in Sardegna, a partire dal racconto di Sebastiano, un bimbo che mi ha raccontato di come fa il pane con la nonna e di quella volta che ha vinto a basket.

La trovate qui, accompagnata dalla stupenda illustrazione di Riccardo Atzeni.

Sebastiano mi racconta che fa il pane

Sebastiano impara
nel pane la radice
di tanto in tanto – mi dice
bisogna lavarsi con l’acqua le mani
poi corre e lancia forte il pallone

Ed è così che farà
per tracciarsi la via
aggrapparsi a qualcosa nel profondo
da qualcosa correre via

In portoghese

Sono molto felice perché alcune mie poesie sono state tradotte in portoghese e inserite nel numero 3 della rivista di poesia contemporanea NERVO.

Per ricevere Nervo: nervo.colectivodepoesia@gmail.com

Qui nell’immagine la bellissima copertina.
 

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Arcobaleni di denti

 

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La direzione delle parole

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Gli occhi

 

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Storia d’amore

Incontrarti in primavera
farsi estate
radici, foglie e rami
stagioni.

Rime per l’incedere

Per ogni metro o sponda
per ciò che mi circonda
per il dentro, per il fuori
per le notti ed i chiarori
per il passo che si arresta
il ristoro della festa
per il margine, la via
per un tratto di euforia
per la perdita e il riaversi
per il modo di smarrirsi
per l’abbraccio e la malinconia
l’orizzonte, la scia e l’orma
per lo scintillio dell’onda
per la meta ed il traguardo
la direzione dello sguardo
per il luogo dell’incontro
sulla curva invisibile del mondo.

Specie

Ci sono specie animali
più feroci di me
a questo mondo:
ammiro nelle città, negli uffici 
dentro le case
zanne, artigli muscoli lucenti e velocità
tattiche di caccia e di sopravvivenza
la legge del più forte
la catena alimentare.

Poi, ma solo talvolta:
fragili, esposte creature
posare sul mondo
esistenze così gentili
mostrarmi, in un piccolo 
spostamento, una resistenza
un battito di ciglia o d’ali
la forza altra
l’altra possibilità 
di essere umani.

Inizi

Ho iniziato a scrivere delle poesie che si intitolano, tutte insieme, così: Da dove iniziano le cose. 
Parlano di quando ti domandi, come fanno i bambini, da dove vengono le cose, di tutto, di un albero, del tuo letto, di una farfalla. Sono ragionamenti un po’ naïf, che mi diverte scrivere.
Questa è la prima.
La metto qui per iniziare l’anno. 
Buon inizio.

Le cose vive

Le cose vive iniziano spesso in luoghi di buio
sotto terra o fra le viscere
sono fragili e fortissime
non hanno coscienza di sé
hanno bisogno di tempo
e calore
l’amore non è sempre necessario
o forse, in qualche modo, sì.

Alcune ipotesi sulla poesia #5

Ipotesi dell’ispirazione

Per fare una poesia devi aspettare
l’Ispirazione.

E cosa fare mentre aspetti?
(Puoi per esempio mettere a posto tutta la stanza, aiutare la mamma, andare a correre fuori, metterti a lavorare, crescere, invecchiare, conoscere una ragazza di nome Clara, studiare molto, dire alcune bugie, prendere un treno che va lontano, piangere, ridere, metterti di nascosto le dita nel naso, cantare una canzone che ti è rimasta in testa…)

Oppure, semplicemente,
la scrivi.

Quando viene l’Ispirazione
gliela leggi.

Alcune ipotesi sulla poesia #4

Ipotesi della metropolitana

Per fare una poesia serve un tavolo, una finestra
(per guardare fuori con aria ispirata)
un foglio e una penna
e zitti:
molto silenzio.

(Oppure una metropolitana
di pensieri
affollata
sotterranea
veloce
che ci sali quando vuoi
e non è detto
che sei solo
anzi sicuramente
c’è molto vociare
come nella vita
in generale).

Alcune ipotesi sulla poesia #2 e #3

Ipotesi della noia

Per fare una poesia
si prende un bambino
un po’ di noia
dei pensieri
spazio tempo libertà
poi però non si sa
se la scriverà
subito domani da grande
oppure mai.

Questo è il bello
delle cose preziose:
che non sai.

Ipotesi del pomeriggio

Per fare una poesia prendi un pomeriggio intero,
lungo e largo, tutto sprecato e inutile
un po’ stropicciato
(in un angolino piccolo è molto facile
che ci trovi una poesia,
ma non è detto che ci sia
né che qualcuno la veda).

Alcune ipotesi sulla poesia #1

Ipotesi dell’aspettare

Per fare una poesia
non si sa la ricetta:
si aspetta.