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Questa notte sono venuti i lupi,
usciti, credo, dalle fiabe che ti racconto,
dal luogo che siamo.
Stavano, ululando, ai piedi del letto grande.
I versi degli animali erano
irresistibili per le mie parole.
Ingenue, hanno lasciato i pensieri
e hanno vestito i suoni.
Aleggiava nella stanza una litania
spaventosa: questo non è che niente,
dicevano le mie stesse parole
e mi si stringevano addosso nel buio,
senza intenzione. Erano solo
ciò che è.
Sentivo i confini di quella piccola
cosa, piantata nella coscienza,
senza mantella rossa,
senza parole.
Quel poco che siamo
mentre i lupi stanno a guardare.
Volevo soltanto toccare
tutti i corpi che amo, sentirli respirare.
E poi sperare che saprai
stare di fronte ai lupi
se mai tu li dovessi incontrare.
(Nell’immagine Head On di Cai Guo Qian)
Questa è una delle poesie che ho scritto dopo la nascita di mio figlio Olmo. Sono poesie che custodisco con un riserbo un po’ speciale, ma ha anche un senso che stiano nel mondo. Ciao, poesie, andate. Adesso ne pubblico qualcunina qui.
Parli
E adesso
abbiamo le parole.
Me le porti sulle gambe incerte
te le restituisco per benino
ti dico la parola per il mondo
la ripeto giusta, te la sistemo per il futuro
ma è la tua, storta, quella che dice
Ora sei arrivato qui
ti aspettavo da tempo
tu sei stato per me come: sospeso nel suono
E ora che ci sei
sento che frana, la mia
la parola cede al piccolo
e al grandissimo, qui
è più del silenzio
è dove sono stata
è il posto della poesia
è dove sei tu, ora
e fai le parole nuove
Recentemente c’è stato un fatto di cronaca che mi ha colpita molto. Ho scritto questa poesia pensando a quel fatto, per un progetto del quale presto vi parlerò, dedicato agli ex voto. Intanto lascio qui questa poesia/riflessione.
Per grazia non ricevuta
Luglio 2021
Il titolo
Donna anziana violentata per vendetta
Il fatto
La donna (ha 91 anni)
lui (neppure venti)
per vendetta
La divinità non interviene
la cosa succede davvero
E così va guardata,
priva di grazia e cornice
il centro è il corpo della donna
lei è ogni altra
Ho quarant’anni
Si misurano quarant’anni di madre:
troppi
bene così
sarai stanca
ognuno ha i suoi tempi
il corpo non
avresti dovuto.
Che hai fatto in tutto questo tempo?
Ho raccolto i minuti
ho amato le ore
ho esplorato i secondi
ho riempito il baule
ho scelto le parole
ho atteso l’ora giusta, la nostra
quando è venuto il tempo di dirti:
vieni, figlio, iniziamo a giocare.
Forse vi sarete accorti che questo blog langue un po’. La vera verità è che è un blog in maternità: il 2 gennaio è nato Olmo, che è attualmente un concentrato di vita di poco più di tre chili, un dado di persona, in divenire. Rileggo in questi giorni, mentre lo guardo e lo conosco, versi che ho scritto durante la gravidanza. Eccone qui qualcuno, una poesia che racconta di quando lo spiavamo di nascosto.
Ecografia
Da oggi, in libreria “Io, Alice e il buio buio“, una creatura di luci, ombre, parole, figure e curiosità, un po’ mio, un po’ di Anna Castagnoli, un po’ di Emme edizioni e spero di molti e molte.
Per accompagnarlo in questo suo affaccio nel mondo, una poesia sul buio, che non è nel libro, ma nel percorso di parole, ricerche, immaginazioni ed esondazioni che sempre accompagnano la nascita di una storia.
Auguri libro, vai nel mondo pieno di curiosità!
La poesia del buio
Ho visto un buio che non sta mai solo:
è la mia ombra,
siamo sempre insieme,
la luce la sposta e la colora.
Ho visto un buio buissimo,
era dentro di me:
un buio triste
senza di te.
Ho visto un buio
che non mi ricordo niente!
Forse l’ho sognato…
stavo dormendo (beatamente).
Ho visto un buio con la coda,
un buio che correva,
un buio con gli occhi gialli,
un gatto che si chiama Eva.
Ho visto un buio tutto di mare,
faceva sciaf sciaf,
non stava mai fermo:
un buio che ti ci puoi bagnare.
Esiste un buio di cioccolata,
se lo apri non c’è più,
ma trovi un’altra cosa:
dentro l’uovo di Pasqua: la sorpresa.
Ho visto un buio fiore,
di petali nuovi, vicini vicini,
prima che la corolla si schiuda,
quando i fiori sono bambini.
Un buio arancia me lo so immaginare,
ma se lo sbucci cambia:
diventa arancione, a spicchi
e lo puoi mangiare!
C’è un piccolo buio in ogni cosa
buio che protegge e che riposa
ci son bui chiusi e bui aperti
buio che aspetta di esser scoperto.
Se nuda ti deludo
Se spoglio mi spaventi
Il corpo senza orpelli
dice la verità:
Come siamo nudi sotto la pelle
Come siamo veri nella paura
Come pauroso è toccarsi
Come solo toccandosi dirsi
qualcosa di altro, di più.
Quando i nodi vengono al pettine
quando i pettini vengono al nodo
non c’è santo che tenga
non c’è tenuta di santo
devi trovare il modo
devi sciogliere il nodo
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Da qualche tempo, a partire dal progetto Inpoetica, sto vivendo alcune esperienze che mi portano ad ascoltare le storie degli altri e a riscriverne dei pezzetti in versi. Questo un testo che ho scritto per il Campus Omodeo, in Sardegna, a partire dal racconto di Sebastiano, un bimbo che mi ha raccontato di come fa il pane con la nonna e di quella volta che ha vinto a basket.
La trovate qui, accompagnata dalla stupenda illustrazione di Riccardo Atzeni.
Sebastiano mi racconta che fa il pane
Sebastiano impara
nel pane la radice
di tanto in tanto – mi dice
bisogna lavarsi con l’acqua le mani
poi corre e lancia forte il pallone
Ed è così che farà
per tracciarsi la via
aggrapparsi a qualcosa nel profondo
da qualcosa correre via
Sono molto felice perché alcune mie poesie sono state tradotte in portoghese e inserite nel numero 3 della rivista di poesia contemporanea NERVO.
Per ricevere Nervo: nervo.colectivodepoesia@gmail.com
Qui nell’immagine la bellissima copertina.
Incontrarti in primavera
farsi estate
radici, foglie e rami
stagioni.
Per ogni metro o sponda
per ciò che mi circonda
per il dentro, per il fuori
per le notti ed i chiarori
per il passo che si arresta
il ristoro della festa
per il margine, la via
per un tratto di euforia
per la perdita e il riaversi
per il modo di smarrirsi
per l’abbraccio e la malinconia
l’orizzonte, la scia e l’orma
per lo scintillio dell’onda
per la meta ed il traguardo
la direzione dello sguardo
per il luogo dell’incontro
sulla curva invisibile del mondo.
Ci sono specie animali
più feroci di me
a questo mondo:
ammiro nelle città, negli uffici
dentro le case
zanne, artigli muscoli lucenti e velocità
tattiche di caccia e di sopravvivenza
la legge del più forte
la catena alimentare.
Poi, ma solo talvolta:
fragili, esposte creature
posare sul mondo
esistenze così gentili
mostrarmi, in un piccolo
spostamento, una resistenza
un battito di ciglia o d’ali
la forza altra
l’altra possibilità
di essere umani.
Ho iniziato a scrivere delle poesie che si intitolano, tutte insieme, così: Da dove iniziano le cose.
Parlano di quando ti domandi, come fanno i bambini, da dove vengono le cose, di tutto, di un albero, del tuo letto, di una farfalla. Sono ragionamenti un po’ naïf, che mi diverte scrivere.
Questa è la prima.
La metto qui per iniziare l’anno.
Buon inizio.
Le cose vive
Le cose vive iniziano spesso in luoghi di buio
sotto terra o fra le viscere
sono fragili e fortissime
non hanno coscienza di sé
hanno bisogno di tempo
e calore
l’amore non è sempre necessario
o forse, in qualche modo, sì.
Ipotesi dell’ispirazione
Per fare una poesia devi aspettare
l’Ispirazione.
E cosa fare mentre aspetti?
(Puoi per esempio mettere a posto tutta la stanza, aiutare la mamma, andare a correre fuori, metterti a lavorare, crescere, invecchiare, conoscere una ragazza di nome Clara, studiare molto, dire alcune bugie, prendere un treno che va lontano, piangere, ridere, metterti di nascosto le dita nel naso, cantare una canzone che ti è rimasta in testa…)
Oppure, semplicemente,
la scrivi.
Quando viene l’Ispirazione
gliela leggi.
Ipotesi della metropolitana
Per fare una poesia serve un tavolo, una finestra
(per guardare fuori con aria ispirata)
un foglio e una penna
e zitti:
molto silenzio.
(Oppure una metropolitana
di pensieri
affollata
sotterranea
veloce
che ci sali quando vuoi
e non è detto
che sei solo
anzi sicuramente
c’è molto vociare
come nella vita
in generale).
Ipotesi della noia
Per fare una poesia
si prende un bambino
un po’ di noia
dei pensieri
spazio tempo libertà
poi però non si sa
se la scriverà
subito domani da grande
oppure mai.
Questo è il bello
delle cose preziose:
che non sai.
Ipotesi del pomeriggio
Per fare una poesia prendi un pomeriggio intero,
lungo e largo, tutto sprecato e inutile
un po’ stropicciato
(in un angolino piccolo è molto facile
che ci trovi una poesia,
ma non è detto che ci sia
né che qualcuno la veda).