Questo amore è un tip tap
è una pagina accentata
questo amore pieno di iati e d’omissioni
questo amore a volte stonato
questo amore silenzioso
questo amore che fa baccano
questo amore fuori tempo
questo amore pieno
questo amore è un valzer zigano
questo amore di organetto rotto
questo amore suonato
questo amore cullato
questo amore sul tram
questo amore che fa tardi la notte
questo amore sferragliato
Leggi tutto…
Mia madre in cucina.
“Mi aiuti a cucinare?”
“Mamma, per favore, sto scrivendo.”
“Lo sai cosa ha fatto tuo padre…?”
“Mamma, dai!”
Mia madre fa la faccia di quella sgridata
e fa finta di lasciarmi fare.
.
Scrivo:
c’è una certa grazia severa
nell’inverno
c’è durezza e quiete
c’è quel silenzio che serve
alle cose per nascere
e crescere
e lasciarsi poi splendere al sole
c’è lo spazio
c’è l’attesa
c’è il buio
il freddo e la paura
c’è quel che si cerca di scacciare
accendendo le luci
mangiando montagne di cibo
nelle canzoni di Natale
il cenone di capodanno
la morte
il mistero
il carrello pieno dell’Ikea
qualcosa che non c’è, ma ci sarà
.
“Lo sai chi è incinta?”
“Mamma, sì, me lo hai detto. Lasciami finire.”
“Scusa”
Non ha nessuna intenzione di lasciarmi finire.
.
Scrivo:
Ho un bambino nella mia pancia
non per davvero
no
ma son così gravida
così piena
che è come se avessi un piccolo
di me
nella pancia.
.
“Poi ti devi levare di lì, che devo apparecchiare”
“Se mi lasci finire!”
“Finisci, finisci…”
.
Così, dice mia madre,
che il cuore è quel luogo
che puoi sempre riempire
è sempre pronto alle invasioni
continuamente attraversato
colmo di gente che si sposta
e riemerge
e si accoccola
negli angoli più nascosti
e quando pensi che non ci sia più spazio
semplicemente
il cuore si allarga
e tu non puoi che dire:
m’ero sbagliato.
Intanto l’inquilino della sistole
sposta il letto
e qualcuno grida “Abbassa il volume”.
Il cuore come un condominio.
Così dice mia madre dentro di me.
.
“Mamma, com’è che sai le cose tu?”
Mia madre non risponde.
E’ squillato il telefono,
ha trovato con chi parlare.
Un quarto d’ora di pace,
basta che non ascolti quel che sta gridando.
Mia madre fa la maestra
grida sempre
come se fosse a scuola.
.
Certe volte mia madre è come l’inverno.
Sa tutto ma non lo dice.
A mia madre piace molto piangere.
Piangere e chiacchierare.
Entrambe le cose le vengono bene.
Anche a me. Siamo gente che piange e chiacchiera.
Mamma, vedi com’è strano?
Volevo parlare d’amore.
Volevo parlare dell’inverno.
E mi sei uscita tu.
E questa non è una poesia.
.
“Mamma, te la ricordi la favola del contadino?”
“Sì certo, Giogi. Hai finito?”
“No”.
“Ma le poesie non son corte?
Ci metti sempre così tanto a scrivere?”
.
Mamma, ascolta,
è quasi inverno,
e il contadino Giogi ha piantato molti semi.
Ho paura per loro, mamma,
non si può mai sapere cosa accadrà
tu dici sempre che devo star tranquilla
allora io cercherò di aver fiducia
e pensare che l’inverno
non li toccherà con la morte
ma con la quiete
penserò così
e quando verrà primavera mi potrai dire
che me l’avevi detto
e che io mi agito sempre per nulla.
Mamma, son piena di semi
ho amici a cui voler bene
troppe cose da fare
e l’amore mi ha toccata ancora una volta
ed io ho bisogno di ringraziare.
Tu cucini
e io non ti dico nulla.
Mamma, i semi non san ringraziare.
“I semi sbocciano”, dici tu
“e tanto basta”.
.
“Mamma, lo sai, i poeti devono saper
condensare
io credo che questa non sia una poesia
non mi riesce di condensare nulla oggi”.
Mia madre rimesta.
La poesia non è affar suo.
Mi metto a rimestare insieme a lei.
Siamo gente che rimesta, noi.
.
“Mamma”.
“Sì?”
“Succedono cose strane quando si è vivi”.
“Passami il sale”.
“Mamma, lui è un uomo così buffo”.
“Basta che piaccia a te”.
“Lo sai cosa mi piace, mamma?”
“Fai piano con quel coltello”.
“Mi piace una cosa, ma mi vergogno a dirla”.
Mia madre sorride e rimesta
è elegante sotto al grembiule.
.
Mamma, ora la dico tutta d’un fiato.
Mamma, a me i cazzi degli uomini
mi fanno un po’ ridere e un po’ paura.
Anche il suo, mamma, mi fa un po’ ridere e un po’ paura.
Ma è successo così, che da quando
per la prima volta
mi è entrato dentro
io non so come
ma è come se quel pezzo di lui
mi si fosse conficcato nel cuore.
“C’è spazio per tutto nel cuore”.
“Mica mi verrà un infarto?”
Mia madre dentro di me dice
di piantarla con le stupidaggini
che sto diventando ipocondriaca
come mio padre.
.
“Mamma,
dici che è normale che mi piaccia uno così?”
Mia madre apre il forno.
Prende un biscotto
e me lo da.
“Che gusto ha?”
“Non saprei dire, è strano, ma è buono”.
“Allora va bene” dice mia madre.
“Ora aiutami ad apparecchiare”.
“Mi dici cosa ci hai messo dentro?”
“No. Mangialo e basta.
Tu vuoi sempre sapere tutto”.
Io l’immaginazione
ce l’ho piuttosto immaginativa
e immaginifica
e immaginante.
Io, di te,
con la mia Superimmaginazione
ho immaginato di tutto:
le cose più belle
e le cose più brutte
le cose che verranno
e quelle che sono venute
ma che non ho potuto
vedere
perché non c’ero,
non c’ero in quanto tua
conoscente,
in quanto tua fidanzata.
Poi, per esempio,
ci sono anche cose
successe in quegli anni in cui
tu eri nato
e io no:
io pure quelle
me le sono immaginate.
.
Così credo di avere
una buona collezione ormai
di cose immaginate,
cose di me e te
in quanto amanti
che io immagino così tanto
per via dell’amore:
perchè se l’amore non c‘era
non mi si cagionava di certo
tutta questa immaginazione.
.
Così, ti dicevo,
immagino,
e ti sfido a immaginare
quanto
– ma siccome è molto
tu non riuscirai
a immaginare abbastanza –
quanto io immagino
e siccome questa è una
gara di immaginazione
tu ci rimarrai male
perché perderai.
Ma siccome
– e adesso di siccome non ne posso
usare più, perché questo è il terzo –
siccome non voglio che tu
ci rimanga male
non immaginare,
non immagineresti abbastanza.
.
E poi,
a dire il vero,
non è questo il punto.
.
Il punto è,
che per quanto io immagini,
quello che capita è che
tu dici cose
che io non avrei mai
potuto immaginare
e mi piace
– questo sì ti lascio immaginare
quanto –
questo tuo lasciarmi a bocca
aperta
e senza più immaginazione.
Qualche era geologica fa ritenevo che fosse disdicevole scrivere d’amore.
E’ chiaro. Non la penso più così.
Ma qualche era geologica fa era inverno.
Ora è estate…
—
Vengo a te come a mare aperto
superate le spiagge
e le grasse signore
e certe ciambelle
coccobello.
__
Vengo a te come a mare aperto
superata la sabbia
vacillante sui piedi
incerti bruciati non adatti.
Vengo a te senza ciabatte.
__
Vengo a te come a mare aperto
oltre gli scogli
oltre le siepi
e i fazzoletti sporchi di merda
e certi esploratori
cinquantenni
con le ginocchia
bianche
le pieghe di pelle all’ingù.
__
Vengo a te dalla collina
guardando laggiù
tremo
per una nuvola bianca
e mi domando
sarà temporale?
E quando?
Presto?
Quale sciagura verrà
da questa nuvola
così bianca e lontana?
__
Vengo a te con il naso scottato
e un costume
un po’ vago
molle sul seno
da cambiare
__
Vengo a te come a mare aperto
salita quassù
non sento rumore
oltre la radio
e le bestemmie
e i bambini che gridano
e i bambini che gridano non saranno
uomini decenti
e i bambini che gridano saranno solo
bolle di biologia
__
Vengo a te sondando
le chiazze di mare scuro
col terrore nel petto
senza nessuna fede o fiducia:
dove capiterò
se mi butto da qui?
Per me
i mostri marini
esistono
e i pirati
e le balene
e l’abisso
spaventosi
senza voci e colori
senza le luci della città
senza vetrine
senza soldi
senza un’amica da chiamare
__
Vengo a te come a mare aperto
del tutto paurosa
della morte
vengo a te infreddolita
senza i vestiti adatti
né per il freddo né per il caldo
vengo a te
senza belle frasi
tonta, un pomeriggio a leggere Novella 2000
con qualcosa di sciocco in me
__
Eppure vengo a te
apro le braccia
mi tuffo a te come a mare aperto
e l’aria è mobile
e viva
e quando arrivo giù
mi pare bellissimo
fare splash.