Tempo fa ho scritto una poesia alla quale sono più che affezionata. Si intitola Mia madre è un fiore abusivo, parla di mia madre e di come, talvolta, scopriamo in noi parti sorprendenti dei nostri genitori. E’ stata pubblicata per la prima volta in L’amore non si cura con la citrosodina dalla Neo Edizioni.
Ora Elena Carrano l’ha scelta e inserita in un’antologia da poco uscita per la Clementoni.
Il libro si intitola Chissà se avrai i miei occhi ed è dedicato a chi attende l’arrivo di un figlio o di una figlia. Lo trovate in libreria.
La poesia, invece, eccola qua.
Mia mamma è un fiore abusivo
Ah mamma, come mi spunti!
Come faccio a nasconderti ora
che ti sei infilata perfino
nel modo in cui porto alla faccia
le mani, storte all’indice – come le tue
ossa costole che spuntano fuori
evidenze e d’improvviso
voglio sapere i nomi delle piante
con l’aria frivola che è tua
quando domandi al mercato
Quanto la devo innaffiare?
e tramesto vasi e gelsomini e bulbi
arrampicata per aggrappare
foglie e rami al nido
guarda come sto in bilico
sfidando scale e basse stature
per far germogliare
la parete di casa (e la vita)
ed io che ti dicevo Ma fai attenzione
non rischiare il collo per un addobbo!
Tu mi spunti mamma
come fiore di un seme portato dal vento
nel vaso che era di basilico e ora
è carico di petali abusivi e spavaldi
e a me che sempre hanno detto
come somiglio a papà
stupisco di questa fioritura
l’indipendenza, mamma, l’essere me
è scoprirti dentro i miei bicchieri rotti
e disordini e pasticci
tenerti finalmente qui
non avere più paura
d’essere tutta.
Le amiche della mamma sono una fonte inesauribile di storie e sorprese.
Per dire, qualche tempo fa torno a casa e trovo un regalo, eccolo qua sotto.
Questa tazza Signora dei calzini è stata dipinta da Valentina Paduano,
i disegni originali sono quelli del libro Nostra signora dei calzini e sono di Federica Jourdan…
i versi sono miei…
l‘idea della tazza dell’amica della mammà!
La poesia qua sotto è tratta da “Nostra signora dei calzini”
e si intitola
GENTE CON LA TAZZA
La donna cade
dentro al bar
cade dentro a un sonno fondo
dentro a un cappuccino
L’uomo che la raccoglie
per lei è soltanto un braccio
uno straccio che la asciuga
una voce che la rassicura
la rassicura rimproverandole qualcosa
La donna spalanca un sorriso cieco:
da qualche parte in fondo al sogno
– in fondo alla tazza –
quell’uomo è sua madre
o qualcun altro
nascosto dalla spuma di latte.
Intorno a lei
noi, gente del bar,
continuiamo ad esistere
come qualcosa di scontato e caldo.
Non so
se mi sono mai sentita
come lei
ma la mia tazza è uguale alla sua:
abbiamo entrambe sul fondo
quel che rimane dello zucchero
e schiuma liquida.
Così è la gente
in questo bar:
gente che cade
e gente che ci pensa su.
Ognuno con la sua tazza.