Uno spazio bianco.
Oggetti nascosti da scoprire.
Poesia.
Inpoetica è un’installazione, una performance, un percorso di scoperta, un gioco, un reading, un’esperienza, un evento.
E’ un invito a rovistare nel senso della nostra quotidianità, stanare le epifanie, frugare fra l’impoetico e il poetico, rimanere in ascolto, giocare con la possibilità che certi eventi, come la poesia, accadano o non accadano nelle nostre vite.
Inpoetica è un percorso esperienziale e ludico che riflette sulla quotidianità e sull’abitare come luoghi di incontro fra spazi e significati, personale e collettivo.
Il progetto si propone di utilizzare la raccolta di storie di vita, la parola “altra”, ovvero la poesia, e la rappresentazione (figurativa e performativa) come strumenti per riconnettere, all’interno di quartieri e paesi, l’abitare personale e quello collettivo, soprattutto in quei contesti territoriali dove la continuità tra questi piani è stata messa a repentaglio dalle trasformazioni del tessuto sia materiale sia sociale.
Nella fattispecie, Inpoetica lavora sulla memoria che è racchiusa negli oggetti personali (e quindi nella casa) e negli spazi collettivi, liberandola attraverso l’ascolto, la scrittura, la performance.
E’ un progetto site-specific, che cambia e si adatta al luogo nel quale viene realizzato.
Il nucleo del progetto è rappresentato dalla performance di Inpoetica, nata dalla sinergia fra Alessandra Racca e Romina Rezza, restauratrice e stylist. Realizzata per la prima volta il 7 e 8 Gennaio 2017 presso la Fusion Art Gallery (Piazza Peyron 9/g, Torino), ha ospitato un centinaio di partecipanti.
La seconda tappa si è svolta il 7 Aprile 2018 presso il Balon di Torino, con un progetto che ha unito la performance all’esperienza dei Walkabout dell’Associazione Acmos e ha coinvolto anche l’associazione Collettivo Ultramondo, L’evento del 7 Aprile è stato preceduto da una fase di interviste e di raccolta di storie di vita di alcuni abitanti del quartiere Aurora di Torino, sulla base delle quali è stata costruita la performance che arricchisce, modifica e completa il progetto di impoetica.
La terza tappa è prevista per il 30 giugno 2018 presso l’ex fabbrica di tessuti Tabasso di Chieri (To), per il Festival dei beni comuni, con un allestimento realizzato con i mobili e gli oggetti depositati nello spazio industriale e le storie di vita relative alla fabbrica.
Inpoetica è infatti composta da due parti: la raccolta storie e la performance.
La performance si realizza in quattro fasi: installazione, ricerca, reading, commiato:
La performance viene realizzata per un numero limitato di spettatori (il numero dipende dalla dimensione dello spazio) alla volta e ripetuta fino a 4 volte nella medesima giornata.
La raccolta di storie (propedeutica alla performance) si svolge nei seguenti modi:
1. Ascolto: nella prima fase del progetto il duo artistico Racca&Rezza incontrano gli abitanti del quartiere/paese. Le persone vengono invitate a scegliere un oggetto che abbia per loro un valore emozionale, legato a una storia di vita. Viene raccolta la loro storia e viene richiesto loro di selezionare una parola legata a quell’oggetto e con quella parola e oggetto vengono fotografate. Questa fase vuole creare un punto di incontro con le persone che abitano un luogo, portando ciascuno a riconoscere e a scegliere un oggetto all’interno della loro quotidianità. Lo stesso oggetto verrà ritrasformato attraverso la mediazione della parola poetica e restituito alla collettività attraverso la performance che dà un nuovo e possibile significato.
2. Elaborazione: in questa seconda fase le artiste procederanno alla rielaborazione del materiale raccolto nella fase di ascolto. Le fotografie vengono postprodotti per poi essere resi visibili nello spazio che sarà adibito all’allestimento di Inpoetica. Lo scenario della performance viene progettato e realizzato da Romina Rezza, mentre Alessandra Racca procede alla scelta e alla scrittura dei testi ispirati dalle memorie dei partecipanti.
3. Restituzione: la fase di restituzione si incentra sulla performance di Inpoetica che viene però ricontestualizzata nello spazio del paese (o del quartiere).
Finalità del percorso intero, che unisce la raccolta storie e la performance, è quella di riflettere sul concetto di abitare come punto di interscambio fra l’esperienza individuale e quella collettiva.
Il dispositivo fondamentale che connette personale a collettivo è l’abitare un luogo: una struttura che connette perché è sempre declinato sia alla scala della persona sia a quella del collettivo.
L’abitare è una condizione dinamica: si abita uno spazio nel tempo, attraverso una successione di pratiche individuali e collettive, attraverso un’incessante negoziazione di significati e possibilità. Inoltre si abitano una serie di spazi concatenati che vanno dai nostri corpi, alla propria dimora, sino alla città, alla nazione o al globo. Ognuno di questi spazi è al tempo stesso privato e pubblico, ha certamente una sfera privata ma è al tempo stesso inserito in una rete di rapporti e relazioni con altre persone e collettività, con altri spazi e altri luoghi, con altre storie e altri tempi .
Questa connessione tra personale e collettivo avviene attraverso le pratiche quotidiane dell’abitare in senso stretto – si vive in uno spazio domestico incastonato in spazi collettivi, dal condominio al vicinato, dal quartiere alla città…, ma può avvenire anche attraverso le arti: ,ognuna, con i modi che le sono propri, distilla dall’esperienza personale una dimensione universale e, al tempo stesso, permette alle persone di riconoscere parte del proprio tempo e del proprio spazio, di rendere il collettivo riconoscibile nelle biografie individuali. Ma i linguaggi artistici sono anche costituzionalmente “linguaggi trasformativi”, operano una risignificazione del reale e aprono a possibilità inventive e interpretative differenti, a esperienze “altre”, a nuove e diverse configurazione e visioni dell’esistente. In questo modo, portati all’interno di contesti sociali, con un’ottica ludica, i linguaggi artistici possono favorire la sperimentazione e favorire un processo di risignificazione.
Inpoetica vuole investigare i modi con cui persone e collettività praticano l’abitare e vuole condurre questa investigazione attraverso i linguaggi della poesia, della fotografia e della performance. Tali linguaggi permettono, infatti, di connettere la dimensione individuale a quella collettiva, leggendo nelle memorie personali le tracce delle esperienze collettive, cercando nella materialità dei quartieri e della città il contributo delle vite, delle aspirazioni, del lavoro delle donne, degli uomini, dei bambini che quei luoghi attraversano e hanno attraversato.
Inpoetica agisce in base all’idea che, creando spazi di valorizzazione e riflessione sulle storie di vita e dunque sull’identità individuale e collettiva per le persone e i gruppi che compongono la collettività locale, si possa agire sulla qualità delle relazioni che già esistono nelle città, favorire processi di riconoscimento dell’altro come portatore di elementi di uguaglianza e di diversità, occasioni di dialogo e di confronto meno violento, possibilità comunicative “altre”.
Per informazioni, per progettare insieme una nuova tappa di Inpoetica, per saperne di più scrivi a: inpoeticaperformance@gmail.com