Un pomeriggio d’estate.
Un pomeriggio davanti allo studio di mio nonno pittore.
Un pomeriggio che avevo tre anni.
E lui, chiuso lì, cantava l’Aida.
E io non potevo disturbare.
.
Mio nonno, il suo studio:
pieno di musica
pieno di quadri
pieno di odore
pieno della sua voce
pieno di cose del mistero
pieno di sé.
.
Che desiderio smisurato
di essere lì ora,
così come sono ora
non come ero.
.
Io, da bambina:
non sapevo
che cosa c’era lì,
non capivo
quella cosa
non capivo
di cosa era fatta
non capivo
quella stessa cosa
non capivo
che ci sarebbe stata
non capivo
dentro di me.
Grazie, grazie…non sum dignus, non sum dignus 🙂 …sei troppo gentile…non sono poi così intelligente, ti dico solo le mie sensazioni…per quanto riguarda la proposta di assunzione come commentatore ufficiale, affare fatto: stabilisco il mio compenso in grandi sorrisi “Signora dei calzini home made”, da fare in cuor tuo ad ogni mio commento 🙂
Vuoi diventare il commentatore ufficiale delle mie poesie? Dopo averti letto mi sento sempre più intelligente di quanto io sia… 🙂
Credo che scrivere poesie sia un po’ come lasciar libera per il mondo una piccola creatura, pensandola capace di andare solamente a scuola, al parco giochi o al corso di ricamo e di uncinetto…e per quante raccomandazioni le facciamo in cuor nostro, veniamo poi a sapere che è andata in discoteca, nel bosco di sera, oppure ad un rave party 🙂
…Molto spesso mi capita di pensare con nostalgia a certi frangenti dell’infanzia…poi mi domando se effettivamente mi piacerebbe tornare a quell’età, ammesso che si potesse…il più delle volte mi rispondo che no, tutto sommato non mi piacerebbe più di tanto…ma il senso vero di questa risposta sta proprio nella paradossalità che hai saputo cogliere con la tua poesia: l’idea di riperdere la consapevolezza acquisita con la maturità (…nel mio caso poca comunque 🙂 ) ci appare come un sacrificio inammissibile, soprattutto se si considera tutto il dolore che fra le altre cose ci è costata l’esperienza del crescere…
Grazie, non posso che intascare il complimento, mai avrei pensato di evocare lo spirito del buon vecchio Kubrick… ma se davvero così è, non posso che esserne felice!
Davvero evocativa questa composizione…quante volte ci si sente quasi slittare su questo differenziale fra età e qualità della nostra percezione del “reale”…leggendo, mi è venuta alla mente una delle scene finali del film di Kubrick, “2001 Odissea nello spazio”, nella quale il protagonista, giunto nel suo lungo viaggio sulla navicella forse alle soglie dello spazio-tempo, vede il corso della propria vita condensato in una sovrapposizione al limite del concepibile, che lo riassume bambino, maturo e vecchio, tutto in un medesimo tempo…non so mi son spiegato, ma brava ad ogni modo 🙂