L’estate del bambino volante

Il bambino volante

aggrappato alla sua invenzione

alla sua macchina da cielo

disteso su un graticolo di metallo

e pezzi di lego

non più di dieci anni

forse solo qualche mese di più

le gambe e le braccia allungate

minuscolo

due grandi cerchi al posto delle ali

volava

gettando a terra merendine,

sulle confezioni

un’unica frase:

“cibo per i miei sogni”.

.

Oramai tutti sapevano

che prima o poi sarebbe passato sopra le loro teste:

quell’estate il bambino volante

sfrecciava sull’Italia

solcava le onde radio

e sfuggiva alle televisioni

invadendole di cielo

e di merendine.

.

Nessuno parlava delle strade, delle code

e forse nemmeno delle vacanze

molti se ne fregarono delle vacanze:

era l’estate del bambino volante.

Durate l’estate del bambino volante

certi si accorsero

che avevano dimenticato che

sopra di loro

c’era il cielo intero

da guardare,

li convinsero solo in autunno

a ritornare nelle loro case,

a ritornare al lavoro,

a smettere di guardare e guardare e guardare in su:

per convincerli dissero loro

che il cielo non sarebbe di nuovo scomparso

e per alcuni,

molto fortunati e tenaci

fu davvero così.

.

Durante l’estate del bambino volante

erano in molti

a sapere di lui ogni cosa

conoscitori di come si nutriva e pisciava e cantava

di come aveva costruito la sua macchina volante,

uomini certi di aver compreso cosa volesse dire

per davvero

la frase sopra le merendine,

gestori di blog

e gruppi on line

per la difesa del bambino volante:

proprio loro

quando passò nel pezzo di cielo che li sovrastava

preferirono non alzare la testa

troppa paura di guardare

e accorgersi che il bambino volante

non esisteva.

Trascorsero l’inverno seguente

– e qualcuno anche la vita intera –

a guardare i filmati:

negli schermi

cercavano di riconoscere

il loro pezzo di cielo,

inviavano i video agli amici

scrivevano nelle e-mail:

qui è quando passa sopra di noi.

Ma nessuno di loro ne fu certo. Mai.

.

Io, dell’estate del bambino volante

ricordo ben poco

se non il cielo

continuo

e il dolore alle cervicali

le notti passate all’aperto

a dormire poco,

la paura che lui volasse via

proprio mentre russavi

mentre facevi l’amore.

Io, dell’estate del bambino volante ricordo solo

il bambino volante

e te

e il cielo

e il silenzio

e ricordo che

quando passò sulle nostre teste

eravamo insieme:

lo guardammo a bocca aperta,

fino a vederlo sparire.

Poi, mentre raccoglievo da terra

una merendina

mi dicesti: sai, ho capito

che non si vola senza sogni.

Dell’estate del bambino volante

è l’unica cosa che tu mi abbia detto

durante tutto quel tempo,

durante tutto quell’aspettare,

ma d’altra parte,

il senso di quell’estate

era davvero tutto lì.


poesie

4 commenti su “L’estate del bambino volante

  1. sarà anche questa calura che mi cuoce i neuroni (non che col fresco vada tanto meglio… : – ) ma non riesco a fare commenti di senso compiuto, salvo dire che questa piccola-grande perla mi ha commosso…
    è eccezionale…

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