Narrativa da social network – Una storia tristissima, ancor più triste, ma per nulla triste anzi migliorativa.

Immagine: Miranda July - Pedestals for guilty ones

Ho iniziato con uno status su Facebook a raccontare questa storiella surreale per ironizzare su un certo utilizzo della punteggiatura. Poi ho continuato con un secondo status. Ed un terzo.
Ne è venuta fuori questa storia in tre atti.
Ambisco che un narratologo contemporaneo analizzi questa forma di scrittura e ne tragga delle conclusioni intelligenti, ma so che non accadrà, ed è giusto così.
Io, comunque, l’ho battezzata “narrativa da social network”.
Molto più facilmente, è solamente un modo con il quale mi son divertita un po’.
E va bene così (credo).

1.Una storia.tristissima

E poi lui si innamorò di una che non metteva gli spazi dopo i punti.Una che usava anche due soli puntini si sospensione..e niente spazi dopo i punti.Una che una volta,lo so per certo.mise anche un punto in mezzo a una frase.Un punto che non centrava niente.Che tristezza.

2.Una storia ancora più triste

E da quando si mise con lei, lui iniziò a scrivere status del tipo “E vvaiiiii!” “Che palle!!!!!!!!!” “Noooooooo!!!!” “Troppo figooooo!”. La tristezza era così infettiva che anche gli amici presero l’abitudine di rispondere “Che succede?” “Su, dai!”. E lei immancabilmente commentava “♥”. E la tristezza grondava dalle loro bachecha. Dio che sconforto.

3.Una storia per nulla triste, anzi migliorativa

Mentre lui stava con la ragazza che non aveva chiaro il concetto di punto.e di spazio dopo punto.lei aveva imparato il significato della parola “leccarda”. Da quel momento poté agevolmente dire: “passami la leccarda”, “la leccarda è unta”, “mettiamo la carta da forno sulla leccarda” e cose di questo genere, mentre prima non poteva che proferire frasi del tipo: “le patate facciamole sul coso grande dentro il forno” e usare impropriamente la parola “teglia”.
Vedete dunque come la vita può essere migliore grazie all’accrescimento costante del proprio vocabolario, non tutte le storie che racconto sono tristi e quell’aggeggio tipicamente unto che si trova nel vostro forno ha un nome e ora lo sapete.


micronarrazioni

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