L’altro giorno ho pranzato in un bar, nel bar c’erano due universitari ventenni o poco più che ventenni, li hanno piazzati vicinissimi a me che non c’era modo, anche volendo, di non ascoltare quello che dicevano, cioè quello che diceva lui, perché lei rispondeva alle domande, faceva risolini e poco più.
Lui era vestito come un cinquantenne ricco e noioso e diceva cose da cinquantenne ricco e noioso, non ci potevo credere.
Ecco alcuni temi trattati:
– “il verde della zona”, importanza del, rilassatezza che dà il
– “l’impegno politico in università”, non con gli estremisti di sinistra, ma nemmeno di destra, ma nemmeno cattolici; un sano moderatesimo di centro-destra;
– “tennis”, come ho dovuto attendere un po’ per vedere risultati;
– “la di lei timidezza”, molto meglio di quelle ragazze sguaiate a tratti volgari;
– “il di lei giusto fisico”, né magra né grassa, normale;
– “i nonni”, quando invecchiano farsi carico di loro come vorremmo che venisse fatto con noi nel momento del bisogno;
– “tenersi leggeri” prima delle lezioni “gradisci del dolce o preferisci tenerti leggera”?
Guardavo lui fra l’orrore e il divertimento.
Guardavo lei e mi domandavo se il silenzio fosse quieta accondiscendenza, l’atteggiamento giusto per una futura moglie di un soggetto del genere; oppure se si stesse rompendo le palle immensamente, fragorosamente. Quando per un attimo, mentre lui andava a pagare, lei ha risposto a un messaggio, ho sperato che stesse commentando la noia con qualche amica, amico, che li pregasse di venirla a salvare, con qualche scusa.
Ragazza silenziosa, io tifo per te, spero che nel tuo silenzio ci fosse la ribellione.
Altrimenti, cara mia, che due palle ti farai.